
“Il cantastorie di Maremma”
di Pietro Angelone
con introduzione di Romualdo Luzi
pp. 112
21 cm
Valentano, 1998
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Ho avuto la fortuna di conoscere Aldo e di accedere nella sua abitazione o, per meglio dire, “nell’essenza del suo cuore”.
Ogni volta che mi addentravo, avevo come la sensazione di inoltrarmi in un regno di un altro mondo: un piccolo ma maestoso regno, per tutto ciò vi era all’interno. La ricchezza di cui si fregiava quel regno, era la “montagna” di libri presenti: credetemi, l’interesse di Aldo non aveva limiti.
Già, Aldo: l’uomo, il compagnone, l’amico, “il maestro di tutti”. Non ho avuto il piacere di averlo come maestro nella vita scolastica; negli anni a venire, però, ho potuto valermi della sua inestimabile sapienza.
Lui, persona colta e saggia, non disdegnava mai di dare consigli a chiunque glieli chiedesse e di supportare studenti di ogni età.
Ora, parte di quella ricchezza è custodita gelosamente presso la Biblioteca Comunale di Montalto, in una sala dedicata a lui dove si avverte, continuamente, la sua impronta: un patrimonio pronto per essere ammirato nel suo genere, ma anche letto, per carpirne le sfumature. Ed è quello che ho fatto. Umilmente, mi sono incamminato nella lettura di un libro parte di questa risorsa, per cercare, o meglio provare a capire le sensazioni che avrebbe potuto suscitare in lui la lettura di questo volume: definendomi semplicemente un “Pensatore”, non potevo che “perdermi” in una raccolta di poesie. E a un uomo che amava ascoltare e cantare a squarciagola, con tutto il fervore che aveva in corpo, “Maremma Amara”, come poteva mancare tra i suoi gioielli “IL CANTASTORIE DI MAREMMA” di Pietro Angelone?
Già, Il Cantastorie di Maremma. Certamente viaggiando tra le righe del libro, avrà vissuto e sofferto per quella Maremma, detta anche dall’Autore, amara come riporta nel brano “C’era una volta”, o anche d’amarezza antica come scrive invece nel brano “Madre Maremma”.
Quella Maremma fatta di sudore, sofferenza, malaria. Quella Maremma di fatica, di povertà ma anche di canti e balli, illusori, per il buon raccolto sino a che il padrone non viene a ritirarlo, come riporta l’Autore nel brano “La festa nel podere”.
Forse si sarà emozionato là dove vengono raccontate con molta semplicità, ma toccante, le scene quotidiane delle famiglie in quei tempi; storie in genere di gente umile, tra lavori faticosi, morti, transumanze, brigantaggi.
Penso che scorrendo lungo il brano “Mi ricordo”, sia tornato anch’esso, a quel periodo e abbia sofferto e gioito allo stesso tempo.
Lui, amante del giusto e della giustizia, paladino dell’uguaglianza credo, poi, che abbia trovato il culmine nei canti e stornelli della Maremma che l’Autore riporta, dove vengono riportate le tragedie ma anche i punti salienti della Maremma di quel tempo. E alla fine, come non immedesimarsi in quel periodo, che comunque ha dato il via ad una cultura nostrana, tramite il cantastorie?
“…abbiate capito me, il cantastorie
uomo del tempo con le sue memorie,
abbiate capito c’era una volta
nella Maremma del tempo irrisolta,…”
Che dire se non dare un consiglio: recatevi presso la Biblioteca Comunale e assaporate il gusto di leggere e tuffarvi dentro la nostra cultura, le nostre origini montaltesi.
Un saluto, Max
Ps.
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